I regimi alimentari estremi - come, per esempio, la dieta chetogenica
o quella intermittente - non vanno necessariamente condannati.
Possono, infatti, fare al nostro caso, ma per saperlo è indispensabile
farsi accompagnare dallo specialista ed evitare assolutamente il fai
da te.
Regimi dietetici estremi: è aperta la discussione intorno al tema,
soprattutto sul web, dove capita di incorrere in commenti entusiastici
o, viceversa, in condanne lapidarie. Eppure entrambe le posizioni sono
errate: le diete estreme non sono né da condannare tout court, né da
esaltare come i migliori regimi alimentari per perdere peso.
Semplicemente vanno valutate caso per caso e, soprattutto, mai da
soli, ma sempre con il team di specialisti (nutrizionista in primis)
che ci sta seguendo nel percorso di dimagrimento. Gli specialisti,
infatti, conoscono la nostra storia, le motivazioni che ci muovono, le
difficoltà superate e i successi finora raggiunti, la nostra
condizione di salute. Soltanto loro sono deputati a indicarci, qualora
lo ritengano utile, un regime alimentare estremo e a monitorare la
situazione quando lo mettiamo in pratica.
La dieta chetogenica
Parliamo, per esempio, di “dieta chetogenica”, regime alimentare
intorno al quale c’è molta confusione, innanzitutto perché non ne
esiste un solo tipo, ma diversi protocolli, e poi perché la
letteratura scientifica e gli studi che ne hanno finora indagato pregi
e difetti sono ancora pochi e tendenzialmente non di altissima
qualità. La base scientifica di questo regime alimentare c’è e può
portare a buoni risultati, ma va considerata, nel percorso di cura di
obesità e sovrappeso: non è una dieta adatta a tutti e la decisione di
seguirla va presa in accordo con il medico. Vediamo di cosa si tratta.
La dieta chetogenica si basa sull’assenza di carboidrati e sul
consumo quasi esclusivo di proteine, accompagnate da alcuni tipi di
grassi e verdure. La riduzione drastica dei carboidrati costringe
l’organismo a utilizzare i grassi come fonte primaria di energia: la
chetosi è lo stato metabolico in cui la presenza di corpi chetogeni
nel sangue è molto elevata. Prodotti dal fegato a partire dagli acidi
grassi, i corpi chetonici sono surrogati degli zuccheri e vengono
utilizzati dall’organismo proprio per produrre energia: quando
sottraiamo zuccheri, l’energia viene tratta dai depositi di grasso e
per questo si verifica, in chi segue questo regime alimentare, una
rapida perdita di peso e di grasso localizzato, insieme a una
diminuzione della ritenzione idrica. Per questo di dieta chetogenica
si sente spesso parlare abbinandola al tema obesità.
Esistono però diversi protocolli della dieta chetogenica: variano le
proporzioni tra carboidrati, proteine e grassi, ma c’è molta
confusione sul tema. Basti dire che con la sigla Vlckd si possono
intendere sia il protocollo “Very low carbohydrate ketogenic diet”,
sia quello “Very low calorie ketogenic diet”: nel primo protocollo
però, le calorie saranno più alte grazie a una maggior presenza nella
dieta di lipidi.
Qualsiasi protocollo venga utilizzato, la dieta chetogenica non è
adatta a tutti: per alcuni soggetti è del tutto sconsigliata (per
esempio, alle donne in gravidanza o in chi soffre di diabete di tipo
1), è un regime alimentare molto rigido, gli alimenti consentiti sono
limitati e gli “sgarri” - anche minimi - posso compromettere lo stato
di chetosi, vanificando gli effetti della dieta. Per questo non può
essere protratta troppo a lungo nel tempo e, inoltre, richiede
un’anamnesi accurata da parte dello specialista, che deve sempre
valutare l’utilità e l’applicabilità della dieta per il suo specifico
paziente, scegliendo per lui il miglior protocollo personalizzato. Il
fai da te, insomma, è assolutamente sconsigliato.
La dieta intermittente
Il digiuno intermittente è un regime alimentare che ha radici
antiche: il digiuno fa parte, infatti, della tradizione secolare di
diverse popolazioni, che lo praticano ancora oggi per la salute e il
beneficio spirituale, oltre che per motivi religiosi.
La dieta intermittente alterna periodi di digiuno a periodi di
alimentazione senza restrizioni: la fase di digiuno può essere a
giorni alterni (per esempio lunedì-mercoledì-venerdì a digiuno,
martedì-giovedì-sabato e domenica senza restrizioni alimentari) o può
interessare giornate intere nell’arco della settimana (si parla di
“semi-digiuno intermittente 5:2” applicato per 1 o 2 giorni a
settimana con i restanti 5 giorni di normale alimentazione) o, ancora,
si può fare digiuno a partire da un determinato orario (pasti
consumati dalle ore 8 alle ore 15, poi digiuno nelle restanti ore
della giornata). Un altro tipo di dieta intermittente - decisamente
meno severa - prevede di concentrare in un unico pasto della giornata
il consumo dei carboidrati.
Il digiuno intermittente è promosso per modificare la composizione
corporea con la perdita di massa grassa e, quindi, di peso: il
concetto alla base di questi regimi alimentari è la “flessibilità
metabolica”. L’organismo utilizza come combustibile i grassi
introdotti con l’alimentazione, ma quando subentra il digiuno,
l’organismo passa a consumare una miscela di grassi e carboidrati.
Dopo qualche ora di digiuno l’organismo utilizza come combustibile il
solo grasso presente nelle cellule adipose.
La dieta intermittente non funziona però su tutti gli individui: ad
esempio, nelle persone in cui l’obesità si associa a una condizione di
prediabete non dà grandi risultati e per altre ancora è del tutto
sconsigliata (per esempio alle donne in gravidanza e allattamento, ai
diabetici e in chi è in una fase di crescita attiva, come gli
adolescenti). Non è un regime alimentare facile da seguire perché il
digiuno non è una pratica congeniale a tutti, inoltre, in chi ha
un’alimentazione disordinata o su base emotiva, le giornate di
maggiore restrizione possono scatenare irritazione e frustrazione e
una fame compulsiva difficile da controllare nei giorni immediatamente
successivi al digiuno. In chi, invece, è già predisposto ad
agitazione, il consumo di carboidrati limitato solo alla colazione o
al pranzo, può indurre insonnia di notte, con ripercussioni sulla
qualità del sonno e della vita.
In conclusione, proprio come per la dieta chetogenica, anche quella
intermittente deve essere valutata con lo specialista, evitando sempre
il fai da te. I regimi alimentari estremi, infatti, possono essere
opzioni terapeutiche efficaci nella gestione dell’obesità, ma non sta
a noi deciderlo: lo specialista è l’unico che potrà prenderle
eventualmente in considerazione, ma solo dopo aver “studiato”
attentamente il nostro caso e il nostro stato di salute generale.
Questi regimi dietetici, infine, vanno poi sempre accompagnati da un
monitoraggio regolare che preveda la costante supervisione del medico.
Per approfondire
M. Watanabe et al., Scientific evidence underlying
contraindications to the ketogenic diet: an update
M.
Caprio et al., Very-low-calorie ketogenic diet (Vlckd) in the
management of metabolic diseases: systematic review and consensus
statement from the italian Society of Endocrinology (Sie)
G. Muscogiuri et al., The management of very low-calorie
ketogenic diet in obesity outpatient clinic: a pratical guide
J.F. Trepanowski et al., Effect of alternate-day fasting on
weight loss, weight maintenance, and cardioprotection among
metabolically healthy obese adults: a randomized clinical trial
M. Harvie e A. Howell, Potential benefits and harms of
intermittent energy restriction and intermittent fasting amongst
obese, overweight and normal weight subjects. A narrative review of
human and animal evidence
L’obesità è una malattia complessa, ma il suo trattamento non deve
esserlo. Gli operatori sanitari qualificati possiedono la conoscenza e
gli strumenti necessari per creare un piano terapeutico adatto a te.
L’indice di massa corporea (IMC) è un numero che viene calcolato
utilizzando il peso e l’altezza. Non è un calcolo preciso della
percentuale di grasso corporeo, ma è un modo semplice per determinare
dove ricade il peso nell’intervallo compreso tra una situazione salutare
e una non salutare.
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